Giochi di predazione.
Il gioco è sempre la miglior scuola.
Quante volte abbiamo visto i nostri cani giocare a rincorrersi, e nella corsa urtarsi e fare a spintoni?... afferrarsi per il collo o per la coda, fermarsi un attimo, e poi ricominciare invertendosi nei ruoli?
In verità, la definizione ‘gioco’, è solo una maniera per determinare un’azione non aggressiva/offensiva. Quel che nella realtà sta accadendo, è una simulazione o perfezionamento di tecniche di predazione e tecniche di lotta.
L’istinto predatorio non è altro che, l’attitudine a porsi in agguato per l’inseguimento e l’accerchiamento della preda. Nell’istinto predatorio, l’aggressività intesa come azione volta a far male, non c’è. Ciò che chiamerà in atto l’aggressività, sarà il desiderio di catturare. Per aggressività s’intende solo il ‘serrare la bocca su alcunché’; tenere bloccato qualcosa con la bocca, non vuol dire dilaniarlo, vuol dire solo tenerlo fermo. Per desiderio di catturare, s’intende il bisogno di fermare la preda per impedirne l’azione di fuga, ne consegue che l’aggressività scaturita, non porterà al ferimento della preda. Saranno poi le circostanze, a far decidere la preda e il predatore, se e quando, interrompere/terminare o completare l’azione.
Stiamo parlando, quindi, di gioco inteso come comportamento ludico da cui trarre insegnamento. Atteggiamenti ove apprendere il significato dei segnali.
Se a giocare saranno due cuccioli che ancora non sanno dosare le proprie forze, riscontreranno a loro spese, cosa vuol dire insistere e desistere con la pressione di un morso. Il cucciolo predatore afferrerà il cucciolo preda, quest’ultimo non volendo arrendersi con tanta facilità, al momento della presa, a sua volta, afferrerà con la bocca l’altro. Essendo due animaletti molto determinati, sarà dura per loro sospendere l’azione, almeno fin quando, la pressione dei dentini non sarà tale da provocare dolore. I vocalizzi che ne deriveranno durante la baruffa, ma soprattutto al momento in cui l’intesa si fa più cruenta, saranno le parole chiave di: ahia, giocando/mordendo così forte, mi sono fatto male!...
Quando, in un altro momento, passando dalla predazione alla lotta, uno dei due ascolterà quel vocalizzo, anche se emesso dall’avversario, non penserà: o scusa non volevo farti male… no, gli tornerà in mente, il dolore che in precedenza aveva sperimentato, e sarà questo, l’elemento scatenante che lo porterà a desistere. È un po’ come se avesse timore di provare ancora dolore. È la consapevolezza del dolore.
Quel che di stupendo c’è nel loro linguaggio è tutto qui: un vocalizzo, significa un’esperienza vissuta in prima persona; un’esperienza di cui si è appreso il significato materialmente e psicologicamente. È un significato reale, vivo.
Il cucciolo cresce, e quello che ha imparato, lo custodisce saggiamente.

Tratto dal libro "Alfa questa sconosciuta" di Barbara Tullio e Paolo Caldora

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